giovedì 31 gennaio 2008

Letto per voi: "Nati due volte"

Nati due volte, di Giuseppe Pontiggia

Un libro sull’Handicap, di primo acchito. Un libro sull’Uomo, se si guarda un po’ più a fondo. L’esperienza di un padre normale anzi, più intelligente di molti, che si trova alle prese con una novità imprevista e sgradita, il figlio nato handicappato.
Che sia nato così per colpa di criminali biancovestiti che riusciamo a chiamare eufemisticamente ‘medici incompetenti’, è un altro discorso. Ma quello che importa è che è il figlio ora è lì, menomato, con davanti solo un mezza vita, portatore di problemi pesanti per sé e per gli altri.
Ecco, si può pensarla così. Con rabbia sorda contro i medici, la clinica, te stesso, il bambino, Dio.


Ma il bambino, cosa pensa? Cosa sente? Eh sì, perché anche i bambini sentono, pensano, vivono. E vivono bene o male a seconda della gente che si trovano intorno, che loro non hanno scelto – perché sono stati loro ad essere voluti. Avere un bambino significa capire che dal tuo comportamento deriva il suo sentirsi bene o meno, il suo sentirsi disabile o meno: dipende dall’amore che gli dai.
È difficile, molto difficile mettere da parte sogni aspettative proiezioni del proprio Io. Tutto è stato cancellato, reso irrealizzabile ridicolo, tutto in meno di dieci minuti.
Ma noi siamo cocciuti, e non vogliamo che i nostri desideri siano frustrati. Cerchiamo perfino di non vedere, di far finta che i problemi non esistano, arriviamo – come il padre del libro – addirittura a dar la colpa al bimbo di non impegnarsi, di fare lo stupido apposta. Ma così ogni lentezza sembra un enorme mancanza, ogni difetto un problema grave, insormontabile. E si finisce per giudicarlo, togliendogli quell’affetto che è necessario per crescere sentendosi bene perché amati.

“Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare.” Così parla un medico più onesto e realista di altri, e così inizia la presa di coscienza e il cammino di una coppia che, piano e pur con infiniti problemi, riuscirà ad accettare ed accogliere il figlio, a vederlo come un dono e non come un’offesa. Donandogli una vita piena di amore. Dimostrando che non sono le cosiddette normalità e intelligenza a permettere una vita bella, ma l’amore che si riceve dagli altri.


Francesco Grossi

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