venerdì 23 maggio 2008

7° Biblico: Gesù e il Paralitico

Appunti dell'incontro biblico del 23/05/2008
con don Cesare Pagazzi

Commento a Mc 2, 1-12


E’ ora per Gesù di tornare a Cafarnao. Nei giorni precedenti si era allontanato dalla città, per ritirarsi in luogo deserto e pregare. E ai discepoli che gli chiedevano altre guarigioni, aveva risposto che per il momento sarebbero andati altrove: siamo ancora nel primo capitolo del Vangelo di Marco e già Gesù pronuncia il suo primo “no”. Dall’esortazione - Andiamo altrove – capiamo che Gesù non è sempre disponibile al soccorso come una specie di distributore automatico, ma sa anche rifiutare, senza paura del giudizio altrui, per preservare e far comprendere la sua indisponibilità, il suo mistero.

Arrivato il momento del ritorno, si stabilisce con i discepoli di nuovo nella casa di Pietro, dove già aveva compiuto diversi miracoli. L’ambientazione delle vicende che verranno narrate non è casuale: sottolineando che Gesù si trova in una casa, l’evangelista ci lascia intendere come non c’è luogo che sia escluso dalla salvezza e dove non possa manifestarsi un atto di fede. Certo la folla richiamata dal suo arrivo è enorme e la casa non può contenerla, così i più si accalcano attorno l’abitazione. La gente, che di per sé rappresenta un fatto positivo, perché manifesta quanto la figura di Gesù affascini e riscaldi gli animi, diventa qui un ostacolo insormontabile che non permette a chi è rimasto fuori di avvicinarsi al Maestro e tanto meno di sentire le sue parole. Perciò la folla rappresenta sia protezione che impedimento; e in questo possiamo figurarci il comportamento di molti cristiani praticanti, che fossilizzati in una certa “posa”, impediscono con il loro atteggiamento il contatto con Gesù di altre persone, che sono ancora sulla soglia della casa e non si sono per ora accostate all’insegnamento cristiano. E per l’evangelista le persone che si trovano nella dimora sono state solo fortunate, e non di certo più meritevoli di chi non è riuscito ad entrare, non perchè poco interessato, ma solamente impossibilitato dalla ressa attorno.

Tra gli esclusi c’è anche un paralitico, che per ovvi motivi non ha potuto accostarsi ed è portato su un lettuccio da quattro persone. Chi siano questi, da dove vengano e perché conducano questo malato non ci viene detto, restano quattro personaggi anonimi, caratterizzati dal semplice desiderio di aiutare un loro fratello, cui le circostanze hanno reso più difficile la possibilità della salvezza. E così di fronte all’impossibilità fisica, essi s’ingegnano e spaccano le regole del conformismo: poichè l’entrata dalla porta è bloccata, rompono il tetto della casa e da lì vi calano il povero paralitico. Facilmente possiamo immaginare la difficoltà e il rischio della loro azione, ma essi agiscono come una squadra, come un solo uomo, fermi nelle loro intenzioni.

Qui succede un fatto inaspettato e insolito nei Vangeli: Gesù non si rivolge a loro, ma al paralitico, che non ha finora fatto nulla e che non ha chiesto nemmeno aiuto al Signore: il beneficiato è qui un “terzo”, che grazie all’aiuto e alla fede di altri ottiene la salvezza. Questa è una straordinaria manifestazione di come la fede di altre persone possa sostenerci e alla fine salvarci, qualora la nostra sia incostante e poco salda. Un altro fatto eccezionale è che dapprima Gesù non guarisce il paralitico, ma gli dice - Ti sono rimessi i tuoi peccati -: in realtà Egli ha colto appieno la domanda e la richiesta rivolta dall’infermo: a bloccarlo non è l’infermità del suo corpo, ma è il suo amino che non è rivolto al bene e che è troppo spesso preda del peccato. E di fronte all’ottusità e alle provocazione degli scribi (guarda caso seduti all’interno della casa, ma non dissimili da chi ne è rimasto fuori), Gesù dimostra quanto sia più difficile liberare una persona dal peso del peccato, piuttosto che da un impedimento fisico, guarendo il paralitico.

Infine come ultima prova d’amore, Gesù ordina al miracolato di riprendersi il suo lettuccio: questo gli impedirà di dimenticare la sua condizione passata, così che sarà più sensibile di fronte alla sofferenza di qualcuno, perché memore della sua malattia. Gesù non vuole, infatti, cancellare il passato di nessuno, anzi è convinto che dai nostri peccati possiamo ritrovare nuove possibilità ed energie per aiutare il nostro prossimo.

Jacopo Ferrari

1 commento:

Silvia ha detto...

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