mercoledì 15 ottobre 2008

1° Biblico: Noè, il solo giusto

Appunti della lectio divina 10/10/08
con don Cesare Pagazzi

Affrontiamo una delle Figure “minori”: Noè, in Genesi 6-7-8-9

Dalla Cappella Sistina, il diluvio per Michelangelo


Prima di affrontare la figura di Noè bisogna contestualizzare la sua collocazione nell’antico testamento.

Il testo di Noè è successivo a quello del peccato originale, il quale come un effetto a catena contaminerà tutti gli uomini. Dio addoloratosi di questo decide di distruggere l’uomo assieme agli animali del creato.

Può apparire strano agli occhi del fedele un Dio così stizzito e vendicativo. Ma la scrittura dice: Dio se ne addolorò in cuor suo. Dio si addolora per la malvagità della creatura con la quale ha voluto instaurare la sua alleanza.

Segue il testo: “Tuttavia Noè Trovo grazia agli occhi di Dio”. Nella scrittura il Tuttavia o questo tipo di congiunzioni precede un punto di svolta che ribalta completamente il contesto attuale. Egli era infatti l’unico uomo giusto e integro. Nonostante neppure i suoi famigliari: la moglie, i figli, e i figli dei suoi figli lo fossero, Dio decide di salvare anche loro, così come gli animali puri e impuri, quelli che strisciano e quelli che popolano il cielo.

C'è da domandarsi allora: perché Dio decide prima di distruggere il creato per poi salvarlo con Noè, unico giusto?

Riflessioni: partiamo dal concetto che siamo il risultato di questo mondo. Il nostro modo di fare, di vestire, di pensare, di comportarci dipende dalle esperienze relazionali (con le persone) e materiali che viviamo quotidianamente. Così anche Noè è frutto del suo mondo, dei suoi affetti (moglie e figli), del creato (animali puri e impuri ecc).

Facendo ciò Dio oltre a Noè salva anche il suo mondo: ciò che si è, e per cui siamo indispensabili, e di cui ci facciamo carico. Distruggendo l’uomo, Dio non fa altro che la volontà di quegli individui che non vogliono avere legami con il mondo.

Così tanto Noè quanto noi possiamo essere salvifici quanto più sono estese le nostre relazioni, personali e materiali.


L’Arca

Nella scrittura l’arca non è raffigurata come il barcone che si è sviluppato nella nostra fantasia. L’Arca viene descritta come una casa (e correttamente rappresentata anche in molti dipinti, come quello di Michelangelo) a scomparti, costruita con un legno resinoso (quindi impermeabile): il cipresso. Albero sacro a Dio, perché sempreverde, a differenza della fragilità dell’uomo.

L’Arca oltre a essere l’anticipazione dell’Arca dell’alleanza, cioè il simbolo del legame fra Dio e l’uomo, è anche la prima situazione salvifica. E se si pensa a com’è descritta, dev’essere molto scomodo abitarci stretti stretti per mesi. Ciò fa riflettere come le cose che salvano possano essere impegnative: come le relazioni.

Un'altra riflessione a cui il testo conduce è la presenza del “Resto”, elemento presente costantemente nella sacra scrittura. Il resto consiste nell’unica presenza giusta, quell’unica presenza per la quale Dio non rompe l’alleanza col popolo d’Israele e non scatena la sua Ira: “Tuttavia Noè Trovo grazia agli occhi di Dio”.

Altra riflessione.

Perché per il peccato di due soli individui (Adamo ed Eva) tutta l’umanità dev’esserne contaminata?

Bisogna scardinare il concetto in base al quale l’umanità dev’essere redenta a causa “Del Peccato Originale”.

Innanzitutto Adamo ed Eva non devono essere concepiti come due singoli soggetti, ma come entità universali. Infatti Adamo significa il Terrestre, cioè l’uomo fatto di terra, la sostanza alla quale ritorneremo e simbolo della nostra fragilità; Eva significa la vivente, la vita impersonata.

Perciò se rappresentano l’umanità non significa che per l’errore di due, tutti debbano pagare. Ma che l’uomo come essere nasce in sé perfetto come Dio l’ha creato, ma a causa della sua fragilità (l’uomo inteso come genere, è fatto d’argilla) o della sua autonoma scelta si allontana tramite il peccato dallo stato di grazia. Con questo non significa che Dio ha fatto l’uomo di argilla, per farlo poi sbagliare, e successivamente redimerlo tramite il sacrificio di suo figlio.

Infatti nella scrittura e nella storia vi è comunque la presenza di giusti (vedi Noè e i profeti). Ed è comunque con quell’essere fragile che è l’uomo, che Dio vuole instaurare la sua relazione.


Un'altro simbolo interessante del testo è il famoso arcobaleno con il quale Dio sigla la sua alleanza e promessa di non distruggere più il mondo. Anche l'etimologia ci aiuta: è un vero arco da guerra, l'arma di Dio, si potrebbe dire, deposta come segno della fine delle ostilità. Un'arma che rappresenta la pace potrebbe suonare strano, ma è curioso come anche nella cultura umana sia un simbolo presente, basti pensare alle asce di guerra indiane, o ai regali di armi che soprattutto nei tempi antichi si scambiavano i re dei popoli in pace.

Curioso è infine il fatto che Noè aveva cinquecento anni quando generò Sem, Cam e Iafet (Gn 4,32); similimente ai primi personaggi della Bibbia sono concesse vite estremamente lunghe, fino ad arrivare al buon Matusalemme, campione per antonomasia con i suoi 969 anni! Il fatto è che ci sono varie tradizioni che compongono la Bibbia, spesso intrecciate al punto da fondere insieme episodi sotto diversi punti di vista. L'età dei primi personaggi biblici è uno di questi casi: mentre il racconto del peccato originale appartiene alla tradizione Eloista, in quella sacerdotale l'origine del peccato non è esplicitamente raccontata, ma viene resa con la diminuzione dell'aspettativa di vita degli uomini, che da svariati secoli giungono fino agli 80 scarsi del salmo 90; solo i giusti vivono più degli altri, per la loro vicinanza al Vivente per eccellenza. Nella stesura finale della Bibbia, in seguito, sono state rappresentate entrambe, come modi diversi per dire la stessa cosa.


Giovanni Galmozzi

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