domenica 25 gennaio 2009

Lettere da Milano: Grande Fratello

“Lettere da Milano”

Grande Fratello, bella proposta…

Trash, spazzatura, vengono soprannominati tutti quei programmi televisivi che hanno ben poco da offrire al telespettatore, se non un carico notevole di sciocchezze e volgarità. Lungi da me l’essere moralista e bacchettone, sostengo e sosterrò sempre che nella loro popolarità i “cinepanettoni” sono uno spaccato di società, comunque senza troppe pretese e poi divertono.

Anche il Grande Fratello è sempre stato etichettato come programma trash, senza valori e demenziale…certo nelle scorse edizioni forse a volte si è rasentato il ridicolo, e sinceramente non mi è mai venuto il desiderio di guardarlo fino in fondo, e oggettivamente l’assortimento dei concorrenti lasciava a desiderare, con falsi personaggi e ragazzi che cercavano di apparire a tutti i costi.

Mi sento invece di spezzare una lancia a favore di questa ultima edizione del reality che ha scelto (ovviamente ci sono eccezioni lampanti) ragazzi veri, con storie vere, dalla ragazza che fa la farmacista, alla ragazza rifatta (questa non proprio rappresentativa del mondo delle ventenni, almeno spero) al ragazzo che è arrivato in Italia col gommone dalla Ex Jugoslavia quand’era piccolo e Gerri, il ragazzo non vedente.

Sono proprio queste ultime due storie a incuriosirmi e stupirmi; sono due segni del cambiamento culturale molto forti.

Il ragazzo slavo rappresenta una generazione, rappresenta una tragedia che si è consumata quando noi ventenni eravamo piccoli, ha anche lui ventun’anni come me, li guardavamo in televisione questi sbarchi di disperati, uomini, donne e bambini che non avevano più niente, non esisteva più neanche il loro paese perché gli avevano cambiato nome, e difficilmente ci saremmo potuti immaginare la crescita della generazione, quei bimbi ormai uomini accanto a noi, nelle scuole, nelle università, nei reality.

E poi c’è Gerri, il ragazzo non vedente, sta dimostrando all’Italia come certo una invalidità così meschina possa creare dei problemi, sarebbe ipocrita sostenere il contrario, ma soprattutto sta dimostrando che quell’invalidità non uccide, che sei comunque vita e rapporto con gli altri.

E questo permettetemi lo scrivo con un pochino d’orgoglio perché proprio in questa pagina circa tre mesi orsono trattammo la brutta esperienza di una nostra amica non vedente che per questa sua invalidità non era stata accettata in un collegio universitario.

Gerri in quella casa, davanti a milioni d’italiani è riuscito ad entrare, e anche la nostra amica dopo aver chiarito col collegio è stata ammessa per l’anno prossimo.

E anche noi abbiamo riempito l’oceano con la nostra goccia…


Andrea Ripamonti

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