giovedì 19 febbraio 2009

4° Teologico: Creazione e Salvezza

Appunti dell'incontro teologico del 13/02/09
con don Cesare Pagazzi



La creazione e la salvezza

In questo incontro approfondiamo un aspetto fondamentale della Creazione, cioè la Salvezza.
Ricordiamo innanzitutto che nello scorso incontro abbiamo scoperto come Gesù abbia uno sguardo attento e intenso verso il mondo, e come cerchi di aprire gli occhi anche a noi grazie alle parabole: osservando il mondo si può scoprire molto del Padre. Questo atteggiamento di Gesù è poi fatto proprio anche dagli apostoli, che imparano a leggere nella sua vita la volontà del Padre. Ad esempio dato che Gesù considera ogni cosa figlia del Padre, S. Paolo scopre che è Primogenito di tutte le cose. Questo è un atteggiamento che dovremmo fare nostro, per vedere con più chiarezza il disegno di Dio.
La domanda cardine dell'incontro è: cosa fa Gesù Salvatore dalla morte al mondo? Ad esempio, chi è salvato? Solo gli uomini? E gli animali?
Le risposte indicano la qualità che diamo al nostro Dio, dato che se con la morte quel che abbiamo intorno dovesse svanire, noi staremmo vivendo in qualcosa di inconsistente, effimero.
Da un po' di discussione, emergono le riflessioni:
- Noi non siamo fatti solo dal nostro corpo fisico, ma anche da tutte le cose che abbiamo incontrato, dalle relazioni che abbiamo intrecciato. Come potremmo essere salvati se siamo estirpati, avulsi dal nostro mondo? Per questo Dio dovrebbe salvare anche ciò che abbiamo incontrato.
- S. Paolo dice che tutta la creazione è sottoposta alla caducità, ma che quando Dio ci salverà, la caducità (morte) stessa sarà sconfitta (1Cor 15,12-24), quindi tutto il mondo ne risentirà.
- La teoria dell'evoluzione ci insegna che il percorso dal batterio all'uomo è una catena, fatta di genitori e figli. Se anche fosse possibile distinguere il primo uomo dall'ultima scimmia, sarebbe ragionevole che il primo uomo fosse salvato e le scimmie che l'hanno generato-partorito no?
- Dalle ricerche sui primi stadi dell'ominazione, il processo che ha marcato il passaggio da scimmie a uomini, emerge l'importanza della collaborazione quasi simbiotica tra uomo e cane, ad esempio nella caccia. L'uomo ha "rinunciato" all'olfatto, lasciandolo all'amico cane, e insieme vivevano. Gli animali non sono perciò semplici mezzi, ma sono un "grazie a" fondamentale.
- Dire che gli animali siano "solo creature" sembra riduttivo, dato che sono stati creati per fare compagnia all'uomo, perché non si sentisse solo (Gn 2), e non come cibo.

Don Cesare ricorda due posizioni diverse di papi: per Benedetto XVI (omelia), gli animali si compiono con la morte, perché non sono fatti a immagine di Dio. Questa posizione riflette la teologia dominante fino a qualche decennio fa, secondo cui la somiglianza tra Dio e Uomo sta nella libertà e nell'intelligenza. Questa posizione sta venendo rimeditata, però, in quanto dalla Bibbia emerge un Dio sensibile, cioè dotato di sensi, proprio come l'Uomo. Un altro elemento di somiglianza?
Per Paolo VI, invece, gli animali verranno salvati: ad un bimbo che piangeva perché era morto il suo cagnolino disse: "Tu lo incontrerai (il cane) nel mistero di Cristo".
Per chiarezza ricordiamo che il dogma dell'infallibilità papale non è qualcosa che vale per ogni parola detta dal pontefice, ma solo quando ne fa esplicito uso. In circa 150 anni da quando il dogma è in vigore, è stato applicato solo due volte, per affermare l'Immacolata Concezione di Maria, e la sua Assunzione.

I rischi da evitare quando si tratta del dopo-la-morte sono principalmente due:
- Dire "non si sa niente".
- La troppa curiosità, che sfocia nel cavillo.
Entrambi gli atteggiamenti sono sbagliati. Nella Bibbia possiamo trovare indizi sul dopo - piuttosto vaghi, sicuramente, ma secondo S. Paolo proprio per questo buoni nel suscitare speranza (Rm 8,25). Ad esempio sappiamo che il Paradiso (dall'arabo
giardino) sarà una terra abitabile (oikoumene), dove non ci saranno lutti ma un banchetto (cf Isaia), una festa nuziale. Sappiamo che risorgeremo con il corpo - la carne, che però non si limita al luogo fisico del nostro corpo, ma si estende al nostro mondo. E sappiamo che il mondo futuro saranno cieli nuovi e terra nuova (Apocalisse), quindi il nostro mondo sarà rinnovato.

Per quanto riguarda la fine dei tempi, Paolo ci investe di una bella responsabilità (Rm 8):


La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.
Poiché nella speranza noi siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo?
Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza. Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio.
Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno.
Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli.


Scopriamo così che la Creazione stessa vuole essere liberata da noi, figli di Dio. Con il nostro comportamento, le nostre relazioni, determiniamo chi e cosa si salverà! E il processo verso la liberazione è simile a un parto: doloroso ma portatore di vita.
Ecco dunque che noi cristiani siamo chiamati ad una ecologia che non sia solo un verde rispetto per la natura, ma il riconoscere l'ardente attesa della liberazione e la nostra responsabilità su cosa succederà.


Francesco Grossi

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