lunedì 9 febbraio 2009

Lettere da Milano: Non ci stiamo

“Lettere da Milano”

Non ci stiamo…

Mi trovo a dover scrivere degli ultimi fatti, le atrocità di Guidonia, lo stupro a Roma nella notte di San Silvestro, i due senzatetto bruciati mentre stavano dormendo. E purtroppo tanti altri episodi che apprendiamo tramite i media, e che è impossibile ricordare.
Iniziano ad esser troppi, e come dice il Presidente Napolitano, non sono più episodi isolati, anche se solo uno di questi è sufficiente per manifestare sdegno e rabbia nei confronti di chi li ha commessi ed estrema vicinanza per chi li ha subiti.
Non riesco ad immaginare la vita futura di chi ha subito; perché se un omicidio è atroce, uno stupro è meschino, la vittima vive ancora, ma dentro è morta.
Chi è costretto a dormire su una panchina della stazione di Nettuno sicuramente ha già sofferto abbastanza; e invece no, per dei ragazzi che non sanno come divertirsi diventa l’oggetto del divertimento, a detta di tutti “dei bravi ragazzi”.
È normale che un ragazzo di vent’ anni, la notte di Capodanno, dopo aver bevuto e dopo essersi drogato violenti una coetanea, a detta di tutti “un bravo ragazzo”.
Anche a Rimini, ragazzi annoiati dai sicuramente pochi svaghi che offre la città Romagnola, hanno deciso di dar fuoco a un senzatetto, sempre a detta di tutti “dei bravi ragazzi”.
E’ normale che tre ragazzi di Trento, dopo aver marinato la scuola, si ubriachino e violentino una coetanea, sempre a detta di tutti “dei bravi ragazzi”.
E’ normale che ragazzi di quindici anni, sempre annoiati, devastino una stazione ferroviaria dopo essersi ubriacati, sempre a detta di tutti “dei bravi ragazzi”.
Ora io mi chiedo e chiedo ai media quale sia precisamente la definizione di “bravi ragazzi”?
Chi vi scrive ha ventidue anni e spera, come tanti coetanei di essere un bravo ragazzo, ma a questo punto si crea della confusione, non si capisce più il confine che ci divide, perché un confine c’è.
Penso che non tutti siano capaci di compiere delitti, almeno spero, e penso alla pericolosità del continuare ad identificare i criminali giovani come “bravi ragazzi”, perché così facendo si è portati naturalmente a generalizzare, etichettare e a provare diffidenza.
Il disagio giovanile crescente è fuori discussione, riprovandolo e non accettandolo penso di parlare a nome di tanti, che non ci stanno a definire delle “bestie” come “bravi ragazzi”.


Andrea Ripamonti

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