lunedì 20 aprile 2009

Siamo Fatti Così: Biotecnologie

Prosegue la nostra rubrica sui corsi di studio, stavolta con l'esperienza di Alice Bertero, che frequenta il terzo anno di Biotecnologie Mediche e Farmaceutiche all'Università Vita Salute San Raffaele di Milano. Buona lettura!

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Le Biotecnologie, queste sconosciute.

“E te cos’è che fai?”
“Biotecnologie, Nonna”
“Ah, cos’è, ingegneria?”

“No, Nonna, è tipo biologia, ma più per curare le malattie, inventare medicine, fare ricerca...”
”Ah, allora è Medicina!”
“No, Nonna, siamo sotto la Facoltà di Medicina, ma non sono un medico”

E puntualmente ogni mese la mia cara Nonna mi chiede di controllarle le medicine.

Il corso di Biotecnologie, specialmente se ci si allontana di qualche chilometro da Milano o dai grandi centri, è comunemente sconosciuto, e molto spesso assimilato a Biologia. Eppure un Biologo e un Biotecnologo, messi uno di fronte all’altro, non possono far altro che parlare due lingue diverse. Un po’ come mettere un matematico davanti ad un ingegnere matematico: certo, entrambi avranno familiarità coi numeri, ma la mentalità è totalmente diversa.



Coltura di neuroni (verdi) e astrociti (rossi)
ippocampali di ratto p2, marcati in fluorescenza


Il Biotecnologo (quello vero) è multitasking, è interattivo, è entusiasta, un fan accanito del metodo scientifico, e se ben coltivato ben presto diventerà una brillante mente della comunità scientifica internazionale. Perché si, il Biotecnologo sogna l’Australia e lavora in Svizzera, torna a casa nei weekend e si sposta continuamente nell’immensa rete di informazioni e di cervelli, per integrare le proprie conoscenze con quelle altrui, per unire tutti i dati, tutte le competenze, tutte le esperienze in un unico progetto: la conoscenza e la ricerca.


Il Biotecnologo (quello vero) studia per capire il “Come”, e non il “Perché” di un fenomeno biologico. Un tumore non è solo una cosa-che-uccide, ma è una manifestazione di un danno microscopico. Una controindicazione di un farmaco non è solo una cosa-da-evitare, ma una manifestazione del meccanismo d’azione del farmaco stesso. Una tossina non è solo una cosa-che-se-la-mangi-muori, ma è uno strumento da usare contro qualcosa che non è più controllato, una sorta di interruttore (ma rende meglio l’idea un “pacco bomba”) molecolare. E questi sono solo dei piccoli esempi di come un evento naturale, privo di alcuna etica personale, possa essere utilizzato, sfruttato, nel bene e nel male.


Silver Staining su diversi step di purificazione di proteine virali,
estratte da colture cellulari infette


E poi ci sono le varie “razze” di Biotecnologo. Ci sarà quello più proiettato nel mondo vero, che vorrà magari mettere qualche soldino da parte, e andrà a fare la gavetta in una farmaceutica, perché le nuove frontiere del farmaco sono il pane quotidiano del Biotecnologo: la farmacogenomica sopra tutte. Ci sarà il Biotecnologo più proiettato verso la medicina, e verso le persone, quindi si specializzerà in un ramo clinico, diagnostico, terapeutico a misura di paziente. Non meno importante o rappresentato è infine il Biotecnologo che la notte si sogna la sua colturina cellulare, aspettando che cresca abbastanza per fare quella nuova prova, quel nuovo saggio, quel nuovo tentativo, per scoprire i meccanismi più oscuri e nascosti nei meandri della biologia molecolare o cellulare. Quest’ultimo non è altro che un ricercatore, puro e semplice, applicato nella ricerca di base, alla continua ricerca di “quel meccanismo nuovo”. E come gli brillano gli occhi mentre ne parla!

Queste citate sono solo alcune delle enormi specializzazioni e vie che può prendere un Biotecnologo: è tutto un mondo ancora da scoprire, da creare, con quel dinamismo che ci contraddistingue.

Alice Bertero

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