domenica 16 gennaio 2011

4° Biblico: Rut, Cap. 4

Appunti dell'incontro Biblico con Don Cesare Pagazzi

Il brano si apre con Booz che si reca alla porta della città, che nelle sacre scritture, per la funzione che aveva, ha lo stesso significato di ‘piazza del mercato: è un luogo di ritrovo per gli anziani, un ‘senato pubblico’ non regolamentato da leggi ma ugualmente presente per consuetudine. L’unica regola del ‘senato’ è la gerarchia, l’anzianità, ed è un luogo per gli uomini dabbene. Booz cerca lì il suo rivale, colui che aveva il diritto di riscatto su Rut. E tratta con lui un affare in presenza di testimoni quali erano gli anziani della comunità.

Il verbo ‘sedersi’ risuona per ben cinque volte soltanto i primi due versi. La frequenza con cui la parola si ripete è analoga a quella del brano del Vangelo di Giovanni che narra della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Booz deve concludere una faccenda importante, dall’esito della disputa dipenderà la sua vita: si tratta di colei che diventerà la sua sposa, Rut la moabita. Proprio perché la questione è importante Booz sceglie la calma della fermezza. Perché sedersi proprio nel momento dell’agitazione è la sola cosa necessaria da fare. Booz non si lascia prendere dal panico o dall’agitazione, come accade anche durante il miracolo della moltiplicazione dei pani: se la reazione degli apostoli al problema grave e angosciante della mancanza di cibo nel deserto è rapida, quella di Gesù, per contro, fa appello alla calma. Di fronte alla morte che incombe l’imperativo di Gesù è quello di stare tranquilli, perché c’è del pane in abbondanza per chi è ‘seduto’.

Nelle culture antiche sedersi è sinonimo di signoria (ad esempio lo scriba, che siede, era il signore della cultura). L’invito a sedersi diviene dunque segno di profondo rispetto. Sedersi è un elemento decisivo, anche e proprio all’interno di una relazione. Sedersi è anche ascoltare, permettere all’altro di raccontarsi.

Booz riesce astutamente ad aggiudicarsi il diritto di riscatto, così che Rut possa essere sua moglie. La stipula del patto avviene tramite la consegna del sandalo da parte di chi rinuncia a qualcosa che gli spetta. (Questa modalità di stipulare patti è presente, nella scrittura, anche quando il Battista si dichiara indegno di sciogliere a Cristo anche solo il laccio dei sandali; Cristo infatti è il Messia e il Battista non vuole togliere a Gesù ciò che gli appartiene).

Rut dunque sposa Booz; così facendo si mostra fedele al marito, poiché gli garantisce una discendenza. La solennità del rito del levirato prepara e preannuncia la ‘grandezza’ di Rut. La fedeltà è facile nella fortuna, nelle circostanze favorevoli; Rut è stata fedele anche nella disgrazia che l’ha privata del marito, di ogni ricchezza e l’ha costretta ad andare in terra straniera, in terra nemica.

La vicenda di Rut, che fa di tutto per essere fedele, fino ad umiliarsi (si ricordi la spigolatura), può essere paragonata a quella di Tamar, che generò Perez, da cui Gesù discende, da Giuda, padre del marito defunto. Tamar riesce a generare Perez camuffandosi da prostituta al fine di incontrare Giuda, la cui debolezza era la lussuria. Tamar infatti non avrebbe potuto, secondo il rito del levirato, avere figli da Giuda. Nelle vicende di Rut e Tamar viene evidenziata una caratteristica che al femminile ha dello straordinario: Rut e Tamar difendono, ad ogni costo, la vita.

Il concepimento di un bambino nel grembo di Rut fa di Booz il consolatore di Noemi, che si era detta ‘Mara’ perché amareggiata dal Signore. Se Noemi credeva di aver perso ogni cosa con la perdita dei suoi figli, ecco che Dio la consola con l’arrivo di una nuova creatura, un maschio, Obed, che vale più di ‘sette figli’. Dio dà a Noemi le sette - infinite conferme che lei cercava e che non era stata capace di vedere, ottenebrata com’era dal dolore della disgrazia. Le donne, che dicono a Noemi quale sia il valore di Obed, fanno a lei una piccola critica, per non aver capito, per non aver visto l’amore di Dio nei suoi confronti.

Il nome scelto per il bambino è Obed, che significa servo di Jahvè. La discendenza di Cristo, destinato a morire, prende il nome di servo. Il libro successivo a quello di Rut narra di Davide, il re Davide. A questo proposito è importante la collocazione del libro, che preannuncia la crisi della monarchia e, nel trionfo del matrimonio di Rut e Booz, da cui discende Gesù, critica anche la legislazione che proibiva categoricamente i matrimoni misti.

La discendenza che porta fino a Davide mostra e racchiude in sé tutte le generazioni e le vicende particolari dei singoli uomini in cui Dio, in Cristo, scelse di incarnarsi. La dinastia di Gesù è regale, grazie a Davide; è ‘nobile’, perché Cristo discende da Rut e Booz. Ma la discendenza di Gesù non è costituita solo da dai ‘grandi’ o dai ‘puri’, come testimonia la presenza di Tamar, costretta a prostituirsi per essere fedele.

Elena Esposti

Nessun commento:

Posta un commento